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Chi era P. Cavallaro?

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In una luce nuova la figura di Pasquale Cavallaro

 Non potevo passare da Caulonia , nell’agosto scorso senza far visita ad Alessandro Cavallaro, il figlio di una mitica figura autenticamente comunista calabrese, quella di Pasquale Cavallaro. Avevo già scritto della Repubblica di Caulonia in un racconto inserito in un  mio libro chiamato "Tutti gli edicolanti sono pazzi". Parlavo della rivolta immaginando un dialogo nel super carcere di Palmi fra un prigioniero delle Brigate Rosse ed un boss mafioso. L’incontro con Alessandro fu breve ma intenso di notizie :l’anticipazione dell’uscita del nuovo libro, i contatti con la Rai per una fiction. Nel nuovo libro, Alessandro Cavallaro  svela una serie di questioni rimaste sempre irrisolte o distorte spesso anche volutamente ,per denigrare la figura eroica di Pasquale Cavallaro e la rivolta di Caulonia. Il libro si intitola "Operazione Armi ai partigiani" ed è edito dalla casa editrice Rubbettino. Nel libro la figura di Pasquale Cavallaro viene ricondotta alla realtà attraverso un ampia documentazione che  è rimasta nei cassetti della storia  per oltre 50 anni . Intanto la cosa più importante del libro è la rottura di un luogo comune che vuole che la resistenza al fascismo sia stata solo al nord , e che nel sud il fascismo essendo stato buono e ben accetto dalle popolazioni non ha mai avuto opposizioni .
La lettura della vita di Pasquale Cavallaro, della sua famiglia, e delle popolazioni di Caulonia e dei paesi dell’area reggina rivelano invece non solo una miseria infinita ma anche  una continua opposizione agli sgherri fascisti ed ai loro lacchè infilati nelle varie istituzioni. Carabinieri, prefetti, magistrati, sono stati sempre dalla parte degli agrari, fascisti prima e democristiani dopo. I contadini che osavano ribellarsi venivano sistematicamente bastonati, purgati, incarcerati e costretti ad atti di autodifesa che inesorabilmente li trascinavano davanti a tribunali compiacenti agli agrari che comminavano loro anni ed anni di carcere duro o confino.
Ma nonostante la dura repressione in Calabria esisteva una rete clandestina di antifascisti fatta da intellettuali come Misefari e Pietro Mancini, e da contadini come quelli che appoggiavano in toto le attività di Pasquale Cavallaro.
Sia ben chiaro, che se Cavallaro non avesse avuto una solida rete di contadini, sparsi in tutto il territorio reggino non avrebbe potuto attuare i piani che ha attuato durante tutto il regime fascista.  Già nel 1923 Pasquale Cavallaro faceva parte di un organizzazione clandestina antifascista , costituita da numerosi militanti calabresi che svolgevano coraggiosamente propaganda anti regime.


Diversi erano in Calabria gli episodi contro il fascismo e diversi militanti comunisti e antifascisti ricercati dal regime e dagli squadristi che certamente non riservavano un trattamento democratico a questi , si rivolgevano a Pasquale Cavallaro per essere nascosti. Cavallaro aveva una tenuta a Rose nei pressi di Caulonia nella quale vi erano delle grotte ed anfratti irraggiungibili a chi non conosceva bene il territorio montuoso. Cavallaro nascose lì diversi oppositori , non solo calabresi ma anche  provenienti dalla Liguria e dalla Lombardia . Una storia singolare riguarda Valerio Domenico Greco , studente universitario che sparò due colpi di fucile ad uno squadrista fascista che  perseguitava il padre con bastonate e olio di ricino. Le fucilate non uccisero il fascista ma ugualmente Greco fu costretto alla latitanza per evitare carcere e torture. La famiglia si rivolse a Pasquale Cavallaro e questi lo nascose a Rose. Dopo alcuni mesi Cavallaro lo aiutò ad espatriare in America, dove gli venne riconosciuto lo status di rifugiato politico.  Greco si iscrisse all’università e si laureò in scienze militari. In seguito entrò nei servizi segreti con un nuovo nome: Wallace D.Graham. Quando gli anglo americani sbarcarono in Calabria il comandante di tutte le operazioni fu proprio Graham, alias Domenco Greco. Il comandante Graham-Greco per lo sbarco in Calabria e per le armi ebbe come punto di riferimento proprio Pasquale Cavallaro. Perchè conosceva bene il personaggio, la sua onestà morale e soprattutto perché ben sapeva della sua conoscenza del territorio calabrese.
Intanto Cavallaro subiva attacchi da parte dei fascisti in continuazione. Nel 1926 gli squadristi attaccarono la sua casa incendiandola, nel 1932 riuscirono a farlo arrestare, inventandosi una partecipazione dello stesso ad un omicidio avvenuto nel catanzarese. La condanna a morte a questo punto era pronta, ma per sua fortuna il vero colpevole dell’omicidio venne scoperto e Cavallaro venne subito rilasciato. Ma nel 1933 arrivò una nuova accusa di sovversione che lo mandò per cinque anni al confino, prima ad Ustica e poi a Favignana.  Grazie ad un condono di un anno, il 10 giugno del 1937 ritornò a Caulonia.  Si pensò che finalmente potesse stare tranquillo ed invece ecco una nuova ordinanza che gli impediva l’insegnamento.
Intanto Cavallaro ospitò nelle sue grotte un altro antifascista che aveva ucciso un agrario ed il suo figlio. Si chiamava Micu Macrì. Anche Macrì grazie all’aiuto di Cavallaro riuscì ad espatriare in America. Anche lui divenne  un alto ufficiale dei servizi segreti ed insieme a Wallace D.Graham-Greco nel 1942 si incontrarono con Cavallaro per pianificare l’operazione "Armi ai partigiani". Vennero paracadutate apparecchiature ricetrasmittenti e tecnici  che Cavallaro nascose nelle sue grotte. Ed è proprio da qui che iniziarono le operazioni per mandare le armi al nord.
Saggiamente Cavallaro tenne per se alcune casse di mitragliatori ed altro armamentario. Ma le cose con il partito comunista non cominciarono ad andare nel verso giusto. Cavallaro era considerata una persona buona e molto mite. E quando alla fine del fascismo in una riunione che si era tenuta a Cosenza presso l’abitazione di Pietro Mancini si doveva decidere l’eliminazione simultanea di una serie di agrari e capi fascisti, Cavallaro disertò la riunione.  Terracini venne avvisato di questa sua "marcia indietro" ed in una lettera stigmatizzò il suo comportamento "buonista".  In base alla testimonianza del figlio di Pasquale, Ercole, a Cosenza  gli scomparsi fascisti ed agrari furono almeno 19,  a Reggio Calabria almeno 5,  in Sicilia circa 54.
Nel marzo del 1945 non sopportando più lo strapotere degli agrari, ancora protetti dalle varie istituzioni la popolazione di Caulonia si ribellò. Nacque così la Repubblica Rossa di Caulonia.
Nel gennaio del 1944 gli anglo americani fecero sindaco proprio Pasquale e questo irretì ancora di più i caporioni fascisti che con attentati, minacce,pestaggi, costrinsero la popolazione all’autodifesa, occupando il paese ed istituendo un tribunale del popolo che difendesse i contadini.
Capitoli interi del libro approfondiscono i rapporti di Cavallaro con Togliatti ed i segreti del partito Comunista Italiano. Segreti che Cavallaro tenne con sé e che non usò neanche quando finì sotto processo dopo essere stato arrestato con uno stratagemma , nel quale presero parte esponenti della federazione reggina del partito, nella quale Cavallaro nutriva piena fiducia.
Al processo, che si tenne a Locri il 23 giugno 1947 arrivarono in catene ben 365 imputati. Si può dire che fu il primo grande maxi processo del secondo dopoguerra ed il primo in assoluto tenutosi in Calabria. Subito si pose una eccezione importantissima. L’ accusa voleva che tutti fossero imputati del reato di associazione a delinquere e da considerare delinquenti comuni. La difesa puntò invece sul reato di natura politica. A sorpresa la corte considerò il processo di natura politica e politiche tutte le azioni commesse durante la rivolta. Questo permise a tutti gli imputati di entrare nell’amnistia che lo stesso Togliatti aveva emanato da pochi mesi ed emessa con decreto presidenziale il 22 giugno del 1946. Cavallaro però restò in carcere. Con lui un uomo che aveva ucciso il parroco per questioni non inerenti la rivolta.  L’accusa tentò di coinvolgere Cavallaro in questo assassinio come mandante. La cassazione nel 1960 dette piena ragione a Cavallaro , che intanto però aveva fatto ben otto anni di carcere.
L’ultimo capitolo del libro è dedicato al difficile rapporto che la famiglia Cavallaro ebbe con il Partito Comunista ed alla grande illusione che coinvolse tutti.  Emblematiche le ultime righe del libro: "Pasquale Cavallaro morì il 17 luglio del 1973 a Caulonia, quasi in miseria e completamente dimenticato e solo qualche piccolo giornale locale ne diede notizia.
Si chiuse con lui una pagina di storia italiana, della quale Caulonia, ne fu, suo malgrado testimone inconsapevole,anche se ancora c’è qualcuno che ricorda di aver ascoltato,dalla lontana Russia,attraverso radio Mosca,in una trasmissione ripresa poi da radio Inghilterra, le parole di Stalin, che , commentando i fatti avvenuti in questo lontano paese della Calabria, concludeva dicendo :" Ci vorrebbe un Cavallaro per ogni città". 
A distanza di tanti anni , ed alla luce della nuova documentazione sarebbe necessario dare oggi il giusto peso a questo personaggio, dedicandogli una piazza ed un monumento in Caulonia, non solo come memoria storica del nostro passato ma anche come emblema di quella Calabria che mai si inginocchia di fronte  a nessuno  e che ha sempre posto davanti a se l’ideale piuttosto che l’interesse personale.
Mezzoeuro del 7 marzo 2009
Ultimo aggiornamento Sabato 11 Dicembre 2010 19:20  

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